L'Ultima cena (rewind)
Questa riflessione (con alcune modifiche) è stata scritta il 13 aprile 2020, Lunedì dell'Angelo, durante il primo lockdown per il COVID-19, in provincia di Rimini, una delle prime zone rosse in Italia.
Nei racconti evangelici dell'Ultima cena è vero che Gesù dice "Fate questo in memoria di me" (nei Vangeli sinottici), ma non credo che intendesse di mettersi ad adorare un pezzo di pane o un calice di vino... E neppure di ritualizzare la Cena, ripetendo pari pari i gesti e le parole di Gesù. In realtà nei primi anni del Cristianesimo si trattava di una cena vera e propria, tanto è vero che Paolo nelle sue lettere (in particolare la Prima ai Corinzi 11, 17-34) critica severamente il fatto che i cristiani si riunivano in assemblea per la cena, ma invece di condividere fraternamente chi arrivava prima si abbuffava e si ubriacava e gli altri restavano a digiuno!
Forse per raddrizzare questa deviazione Giovanni, che scrive il suo Vangelo circa una cinquantina d'anni dopo i fatti, intorno al 100 d.C., al posto dell'Ultima cena mette la Lavanda dei piedi: il "fate questo" si riferisce all'amore reciproco e fraterno, non ad una ritualizzazione che tendeva a ritornare ai sacrifici dei pagani e degli ebrei! Come aveva già notato Paolo nella lettera succitata: "Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore." (1 Corinzi 11,20)
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