Chiesa Cattolica, politica e modernità
L' 8 dicembre 1864 Pio IX pubblica il Sillabo, con cui "vengono condannati gli errori dei panteisti neganti l'esistenza di un Dio personale e distinto; dei razionalisti, che fanno la ragione umana suprema norma di ogni verità, indipendente da ogni rivelazione superiore; degli indifferentisti, che dicono buona qualsiasi religione; dei regalisti, liberali e statolatri, che sostengono lo stato origine e fonte di tutti i diritti, e a lui vogliono soggetta anche la Chiesa con la sua gerarchia e il suo magistero; dei fautori della libera morale, nonché di quelli che asseriscono il diritto altro non essere che un fatto materiale, sostenuto da forze materiali prevalenti; di coloro che negano al matrimonio la dignità di sacramento, e lo vogliono in tutto sottoposto all'autorità civile, che può anche scioglierlo; e infine di quelli che vogliono piena separazione tra la Chiesa e lo Stato, e che sia concessa a tutte le religioni la stessa libertà che alla cattolica." (Treccani)
Pochi anni dopo il Concilio Vaticano I (8 dicembre 1869 - 20 ottobre 1870) in contrapposizione alla modernità che avanzava e alla laicità diffusa dalla rivoluzione francese rispose con la Costituzione dogmatica Pastor Aeternus che sanciva il dogma del primato e dell' infallibilità del Papa.
Sempre Pio IX, di fronte alla presa di Roma nel 1870, chiudeva ogni rapporto con lo Stato italiano e nel 1874, con la formula non expedit (ovvero, in latino, “non conviene”), esplicitamente che i cattolici italiani partecipassero alle elezioni politiche del Regno d'Italia e, per estensione, alla vita politica nazionale italiana, sebbene tale divieto non fosse esteso alle elezioni amministrative. La disposizione fu revocata ufficialmente da papa Benedetto XV nel 1919.
Infine Pio X con l'enciclica Pascendi Dominici Gregis (8 settembre 1907), condannava gli errori dei modernisti. Il modernismo teologico fu un'ampia e variegata corrente di pensiero interna al cattolicesimo, sviluppatasi tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento e volta a ripensare il messaggio cristiano alla luce delle istanze della società contemporanea. Fra i temi del modernismo cattolico vi furono la comprensione e l'esposizione dei contenuti della fede, l'esegesi biblica, la filosofia cristiana, gli studi di storia del cristianesimo e della Chiesa, l'esperienza religiosa. In sostanza, il modernismo proponeva una lettura razionalista della Bibbia e della religione cattolica. I modernisti insistevano sul fatto che la verità è mutabile e pensavano che la Chiesa dovesse riscoprire costantemente la verità in ogni epoca. All'inizio del 20° secolo ciò significava usare scienza e storia moderne per valutare e reinterpretare l'insegnamento tradizionale della chiesa. Alcuni modernisti poi andavano oltre e suggerivano che il 'ruolo' della dottrina stessa doveva cambiare in quanto le dottrine sono utili, non esatte.
Papa Pio X dichiarò che la fede non dovrebbe essere 'ridotta' per adattarsi ai risultati della scienza moderna, e che quindi gli studiosi biblici non potevano correggere gli insegnamenti della chiesa sulle interpretazioni della Bibbia, né i risultati degli studi storici potevano cambiare la dottrina.
Poi finalmente arriva il Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962 - 8 dicembre 1965) che si apre ai "segni dei tempi"; ma già dopo gli anni '70 si ritorna al sospetto verso la cultura contemporanea con le encicliche Veritatis splendor (1993), Ordinatio sacerdotalis (1994), e i motu proprio Ad tuendam fidem (1998) e Summorum pontificum (2007).
"Non si può domandare in generale e in astratto un dialogo con la cultura, e poi rifugiarsi, in concreto, solo nelle soluzioni del passato; non si possono magnificare le diverse culture, e difenderne solo una; non si può osannare la presenza della donna, e tenerla come carta da parati; non si può lodare apertamente la vocazione matrimoniale, ma confinarla in un angolo rispetto al ministero." (Andrea Grillo, Deculturazione, cattolicesimo e lavoro teologico, post pubblicato il 12 Marzo 2024 nel blog: Come se non)
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